Le Alpi Eagles hanno raggiunto importanti traguardi durante il loro percorso, un’avventura che è rimasta indelebile nelle menti di tanti sostenitori.
Una pattuglia per gli appassionati…con gli appassionati!
E’ proprio questa la “benzina” del grande motore della passione, la motivazione e la tenacia nel presentare un programma all’altezza delle aspettative: il pubblico. Senza nessuno a terra che sia spettatore delle gesta acrobatiche dei nostri piloti, lo show non avrebbe ragion d’essere. E’ una condizione bilaterale, che spinge piloti ed appassionati ad “attrarsi” l’uno rispetto l’altro: entrambi devono sussistere affinché ci sia spettacolo!
Ed è forse questa un’altra unicità delle Alpi Eagles, che sono nate dalla gioia di proseguire una lunga tradizione e di continuare, instancabilmente, ad esibirla ad un’ampia folla.
Spettacolo da terra…si, ma anche in volo. Magari allacciati nel seggiolino accanto al pilota, di un Vittorio Cumin, per esempio, osservando con i propri occhi e percependo con il proprio fisico manovre e sensazioni che da terra si potevano solo ammirare ed immaginare.
Ma, le aquile delle Alpi, hanno saputo coinvolgere il pubblico a 360°, oltre l’aspetto mediatico, oltre all’essere professionisti del cielo e personaggi irraggiungibili. Lo hanno accompagnato nella terza dimensione, certi che ciò avrebbe ridato ai fans la meritata medaglia di cotanto affetto.
Sergio è uno di loro, uno del pubblico…un appassionato che seguiva la pattuglia e sognava il volo, ad ogni loro esibizione.
Un sogno, un desiderio che si è realizzato…grazie alla volontà delle Alpi Eagles e degli sponsor che hanno reso possibile l’inaspettato.
Volare con le Alpi Eagles è stato, per qualcuno, un sogno ad occhi aperti che si è concretizzato, che può essere raccontato con vivido ricordo a distanza di anni.
Ecco perché assieme a Sergio andremo a ripercorrere una giornata tipo che, per destino o per la sorte, ha saputo regalare un’emozione inaspettata.
Ottobre 1986
Ore 6:15 del mattino.
Io e il mio amico Maurizio saliamo a bordo della Vespa 125 Primavera ET3 di mio fratello, direzione Vergiate: 50 Km senza scambiarci una parola, solo il rumore del motore e del vento in faccia sulle statali tra i boschi, a 70Km/h.
L’unica cosa che avevamo di vagamente aeronautico era la vespa (pur sempre una Piaggio) e in tasca un tagliando a testa, ritagliato dalla rivista aeronautica Volare che ci dava la possibilità di un volo acrobatico con le Alpi Eagles.
Arrivammo nei pressi dell’aeroporto circa le 7:00, sicuri che avremmo vissuto un’esperienza unica.
Ultimo tratto di strada prima di parcheggiare la Vespa e subito notammo un bel gruppetto di persone nello stand dove la Rivista organizzatrice aveva posizionato un punto di raccolta dei tagliandi.
Quante persone: erano solo le prime ore del mattino! Ci precipitammo frettolosamente a consegnare il prezioso pezzo di carta.
Ma quanti eravamo? …30 forse 40 persone, oppure di più. Un dubbio cominciava ad emergere ai presenti: avremmo volato tutti sull’ SF-260?
Iniziarono le discussioni, con precisazioni sull’orario di arrivo e di presa in consegna del posto in graduatoria.
Incredibilmente si giunse abbastanza in fretta ad un accordo: i posti a disposizione sarebbero stati divisi in due. La prima metà sarebbe stata assegnata a chi aveva consegnato il tagliando per primi; la seconda metà dei posti, invece, sarebbe stata estratta a sorte tra il resto degli aspiranti aviatori. Zero storie, zero lagne.
Probabilmente, una cosa così oggi sarebbe stata impossibile: qualcuno avrebbe bloccato tutto facendo ricorso!
Il mio nome venne estratto, quello del mio amico no: cosi è la vita.
Dopo una lunga attesa, giunsero le ore 15:00: era il mio turno. Un po’ di preoccupazione iniziava ad affliggermi per l’imminente battesimo del volo (anche se avevo già volato in precedenza, ma su di un elicottero durante una fiera di paese). Ci ritrovammo in tre per quel 260 assegnatoci, ed il briefing fu molto rapido: <<Tu che sei il più alto vai davanti, voi dietro>>.
Due ragazzi compagni casuali di avventura si infilarono nei sedili posteriori, io a fianco del pilota con le cuffie. Ai comandi Vittorio Cumin.
Appena Vittorio diede motore ogni pensiero scomparve: solo una grande gioia di essere lì.
Il decollo avvenne in formazione, noi eravamo il numero 4, fanalino di coda. Ci posizionammo un po’ sotto rispetto agli altri, ma vicinissimi. Ricordo la Leica schiacciata sul naso anche se eravamo in picchiata sulla verticale della Milano-Laghi, le comunicazioni costanti tra i piloti, i cambi di formazione rapidi, ma la cosa che mi colpì di più fu la loro consapevolezza di sapere sempre la posizione rispetto agli altri componenti del Team, con riferimento all’ambiente circostante.
Dopo una serie di manovre in formazione ci ritrovammo in fila indiana e dopo un tonneau e una virata stretta ci portammo in testata pista (come avrà fatto a sapere che la pista era lì!).
Quanto è durato il volo non lo so, durante il rullaggio al parcheggio ci scambiammo qualche battuta con il pilota.
Raggiunsi l’amico che mi aspettava a bordo pista (gli avevano almeno concesso di oltrepassare le transenne): una pacca sulla spalla e via, con c'era bisogno di parlare.
Mi venne consegnato un poster che fece bella mostra di sé nella mia camera per anni, fino a quando mi sposai.
Nella stagione successiva, in estate, assistetti all’air show di Sion in Svizzera dove era prevista la partecipazione delle Alpi Eagles. Era sempre un’emozione ammirarli in volo, testimoni in terra straniera delle capacità dei piloti italiani.
Quella volta, però, il mio amico Maurizio rimase a casa.
Christian Vaccari, Sergio Callini
Photo by Sergio Callini