Il viaggio negli States ha permesso a The Aviation di visitare un altro luogo di interesse: lo Smithsonian National Air and Space Museum, presso Washington D.C.
Situato all’interno del più grande complesso museale al mondo (distribuito oltretutto in diversi stati americani) raccoglie una vasta collezione di velivoli militari e civili, vettori spaziali, motori, cimeli e quant’altro un appassionato possa immaginare. Come si suol dire: << In America tutto è possibile >>…anzi “realizzabile” e l’esposizione ha dimostrato di essere di gran lunga superiore alle aspettative (come del resto anche altri allestimenti museali sparsi nel vasto territorio statunitense).
La cultura, le tradizioni, il dovere di preservare e la volontà di trasmettere alle generazioni future scoperte e innovazioni tecnologiche fanno la differenza, rispetto ad altre realtà poco curate e sin dal passato non coltivate.
Smithsonian offre un percorso didattico storico, transitando dalla nascita del volo alle sue evoluzioni, dai pistoni ai jet, all’era del Mach…fino all’estremità dello spazio.
La mia “toccata e fuga”, così l’ho definita, non mi ha permesso di assaporare al meglio l’atmosfera: partito da New York in pullman, le circa 6 ore di visita in città hanno limitato la permanenza al museo di 1 ora. Un lasso temporale irrisorio per le ampie ale museali: averci dedicato mezza giornata sarebbe stato ideale!
Amareggiato del fatto mi sono immediatamente ripreso: fortunato di esser lì, così lontano da casa, in un ambiente affascinante e colmo di storia. Reflex alla mano e con passo lungo, ho iniziato a percorrere l’esposizione Smithsonian.
L’ingresso è d’impatto. Al Boeing Milestones of Flight Hall vengono raggruppati alcuni dei più significativi mezzi di elevato pregio ingegneristico: le capsule dei programmi Mercury e Gemini, rispettivamente la Friendship 7 della missione MA-6 pilotata dall’astronauta John Glenn (primo lancio con vettore Atlas dopo i due precedenti equipaggiati con razzo Redstone e prima volta di un americano in orbita attorno alla Terra) e Gemini IV (GT-4) con il secondo componente dell’equipaggio Edward H. White alle prese con la prima attività extra veicolare (EVA); il modulo lunare LEM in tutta la sua grandezza; il primo aereo con motore a reazione: il Bell XP-59A Airacomet; i jet dei records: Bell X-1 con il quale Chuck Yeager ha infranto la barriera del suono ed X-15, l’aereo-razzo più veloce; e per concludere un precursore delle sfide e dello spirito pionieristico che hanno contraddistinto l’era del volo: lo Spirit of St. Louis, l’aereo con il quale Lindbergh attraversò in solitaria l'Atlantico.
Gli interni allo Smithsonian sono ben sfruttati: gli esemplari esposti sono anche appesi al soffitto, in un manifestarsi statico che sembra dinamico…un fermo immagine dell’ennesimo volo di quello e questo velivolo.
Proseguendo velocemente, percorro le ale didattiche dell’aviazione civile in America, con vari testimoni del trasporto aereo (DC-3, Boeing 747), la galleria dedicata alla scoperta del volo con i primi esemplari in legno e tela (Flyer, Blériot XI), la mostra sull’era d’oro del volo nell’aviazione degli anni ’20 - ’30 (fra records, viaggi ed esplorazioni, include Hughes H-1 Racer, Beech C17L), l’avvento dei velivoli a reazione (Lockheed XP-80, Messerschmitt Me 262)…e molto altro ancora!
Rimanendo al primo piano, il tema si sposta al di fuori dall’atmosfera terrestre rivivendo i delicati anni che hanno visto Stati Uniti e Unione Sovietica alle prese con la supremazia spaziale. Svettano verso il soffitto alcuni dei primi razzi vettori che hanno permesso a Germania prima e USA ed URSS dopo di testare innovative tecnologie nella nuova dimensione, utilizzate successivamente per la deterrenza bellica (le famigerate V1 e V2, progetti diretti da Wernher von Braun), il lancio in orbita di satelliti e di esseri umani.
A sancire la fine della corsa allo spazio e la continua rivalità in questo ambito fra le due superpotenze, le cellule dell’Apollo e della Soyuz che, il 17 luglio 1975 con la missione ASTP (Apollo-Soyuz Test Program), si agganciarono in orbita terrestre consentendo ai due equipaggi di incontrarsi. La presenza delle due capsule rende l’idea degli ambienti all’interno dei quali gli astronauti dovevano condividere durante l’intera missione.
All’interno della stessa ala è possibile ammirare la prima stazione spaziale americana lanciata in orbita: lo Skylab; per la precisione si tratta del laboratorio assegnato ai test a terra, mentre il vero Skylab fu lanciato il 14 maggio 1973 utilizzando per l’ultima volta il vettore Saturn V. Skylab venne estrapolato dal secondo stadio del razzio Saturn IB e strutturato al suo interno per poter ospitare aree di lavoro, attrezzature varie di ricerca e locali abitativi per un ciclo di tre astronauti a missione.
Altri interessanti esemplari: il telescopio spaziale Hubble e l’M2-F3 Lifting Body, primo esperimento di velivolo privo di ali.
Salendo al secondo piano, sopra le scale mobili svetta l’YF-104A (c/n 1007) 55-2961 “N818NA” in livrea NASA: impossibile non ammirare un “mito” che ha servito l’Aeronautica Militare Italiana per quattro decadi, utilizzato anche da NASA per fini scientifici (e che tuttora continua nella sua attività di ricerca e test)
Corro immediatamente alla World War II Aviation per poter ammirare i caccia che hanno segnato l’epopea del secondo conflitto mondiale. La galleria racchiude un Supermarine Spitfire, Messerschmitt Bf-109, P-51 Mustang, Mitsubishi A6M Zero e l'italiano Macchi C.202 Folgore. Ebbene sì: fra i ”big” dell’aviazione di prima linea anche un nostro esemplare; è interessante dunque precisare come questo Folgore sia approdato in America, dato che si tratta di un velivolo che operò in Europa, Africa e Russia.
Sono 2 gli esemplari autentici rimasti al mondo: il primo è l’MC.202 MM9667 conservato al Museo Vigna di Valle ed il secondo l’esemplare allo Smithsonian. Il Folgore, come preda di guerra, fu trasferito negli States per essere valutato dai piloti americani e codificato FE 300 / FE 498. Non vi è notizia della matricola militare e l’attuale MM9476 (anche se MM7795) altro non fu che l’informazione trasmessa dallo Stato Maggiore Aeronautica e Aermacchi su richiesta del curatore del museo che, nel 1974-75, decise di restaurarlo con i colori di un altro Folgore con insegne della 90^ Squadriglia, codici 90-4, 10° Gruppo, 4° Stormo (Libia, 1942).
Uscendo da quest’ultima esposizione e dirigendosi alla sala accanto, si ha la sensazione di salire a bordo di una portaerei. E’ l’era delle operazioni marittime, con i velivoli della US Navy e Marines imbarcati in questi veri e propri aeroporti galleggianti. Attrezzature, riproduzioni di ambienti di stiva e dell’isola di comando, modelli in scala e alcuni fra i velivoli in servizio in quegli anni: dal decano Boeing F4B, ai leggendari Grumman F4F Wildcat e Douglas SBD-6 Dauntless, al moderno Douglas A-4 Skyhawk.
Il tempo stringe e ormai mancano gli ultimi metri quadri di museo. Purtroppo devo sorvolare su alcune gallerie, ma l’occhio fa la sua parte e noto in lontananza l’inizio della mostra dedicata alle missioni Apollo. Le pareti sono di color nero, quasi a darci la sensazione di trovarci nel luogo esatto dove le straordinarie ed innovative attrezzature NASA dovrebbero stare: lo spazio!
Il 2019 è un anno importante: ricorrono i 50 anni dalla conquista della Luna, una ricorrenza che verrà ripresa da vari media mondiali ed in primis mi sento in dovere di ricordare… Ne riparlerò in altri articoli, avvicinandoci alla data del 20 luglio. Plastici in scala del sito di lancio con relativo Saturn V, tute e strumentazioni utilizzati dagli astronauti, il Modulo di Comando (CM) della missione Skylab 4 del 1973, il Rover lunare e per finire il potente motore F-1 del razzo Saturno.
Assaporo con veloci sguardi gli ambienti circostanti mentre mi dirigo verso l’uscita. Un veloce passaggio allo shop e subito fuori per risalire in pullman.
La visita è stata veloce, forse troppo, ma ha saputo trasmettere forti emozioni nell’ammirare una collezione che ha fatto la storia dell’aviazione…e non solo. Basta osservare gli sguardi dei visitatori: comitive, famiglie con figli, appassionati, anziani. Chissà se ci ritorneremo!
Testo e foto: Christian Vaccari