“Tower is clean!”

Siamo nel bel mezzo delle festività natalizie, circondati da luci, alberi addobbati e clima festoso ed accogliente.

E’ il momento di ritrovarsi con i propri cari, con le persone a noi vicine, ma che per alcuni possono essere lontane fisicamente per il resto dell’anno.

Natale è attesa, dono e incontro…un mix di emozioni che per i bambini si trasforma in magia, stupore, sorpresa.

Il 21 dicembre 1968, a pochi giorni dalla grande festa, tre uomini si apprestavano ad allontanarsi da tutto e da tutti, legati alla vita terrestre solo grazie alle comunicazioni radio e all’ossigeno immagazzinato nei serbatoi della capsula spaziale. E’ un’avventura pionieristica quella che la missione Apollo 8 stava per intraprendere.

Tutto è pronto sulla rampa di lancio 39A del Kennedy Space Center, in Florida. Alle ore 7:51 i cinque motori F-1 del primo stadio del Saturn V si accendono, sprigionando una spinta ciascuno di 6770 kN; il motore più potente fino a quel momento realizzato al mondo, in grado di far sollevare gli oltre 110 metri del vettore NASA verso l’obiettivo Luna. La rampa di lancio è stata sgomberata, le comunicazioni radiosi susseguono: << Tower is clean!>>. 

Dopo circa un minuto dal lift off la velocità di arrampicata è di Mach 1, continuando ad accelerare fino alle fasi successive di messa in orbita e separazione degli stadi.

Tutti i sistemi hanno funzionato a dovere e la missione appena iniziata sarà un punto di arrivo e di partenza per portare l’uomo sulla superficie lunare. Per Frank Borman (Comandante), James Lovell (Pilota modulo di comando) e William Anders (Pilota modulo lunare) Apollo 8 ha un significato profondo: saranno i primi umani ad allontanarsi dalla Terra verso il satellite naturale, così tanto voluto nella corsa alla supremazia spaziale. Un viaggio fino a quel momento affidato alle sonde dei programmi Pioneer e Ranger e alle prove di valutazione tecnica di sistemi e apparati spaziali testati durante le missioni Apollo precedenti.

Con la missione AS-503 vennero collaudate le tecniche di navigazione e di comunicazione a lungo raggio, con la Luna circumnavigata riuscendo a trasmettere le prime immagini del lato oscuro del satellite.

Un’esperienza di assoluto privilegio che l’equipaggio riuscì ad affrontare con la massima preparazione.

Agli inconvenienti riscontrati nei lanci precedenti, con svariate anomalie ai sistemi di bordo, gli ingegneri della NASA e il perfetto coordinamento tra controllo missione ed equipaggio riuscirono a correggere e condurre una missione le cui sorti furono cambiate e decise solo qualche mese prima del lancio. 

Lovell, informato che la loro missione sarebbe divenuta la prima verso la Luna, realizzò la “patch” quale logo di Apollo 8 raffigurante Terra e Luna racchiuse da un numero 8, ovvero la traiettoria che gli astronauti avrebbero compiuto durante il viaggio; il tutto all’interno di una sagoma analoga a quella del modulo di comando (CM).

Come tutte le fasi “step by step” che il programma Apollo affrontò, questa prima volta verso la Luna di esseri umani riscontrò alcune difficoltà fisiche. Gli astronauti risentirono di un elevato stress da carico di lavoro (soprattutto nella fase di andata) che li portarono a disturbi del sonno, oltre a nausee, vomito e diarrea. Non è la prima volta che il centro controllo si è trovato a dover gestire una situazione clinica, se così possiamo affermare, a distanza; durante la fase di rientro di Apollo 7 gli astronauti, colpiti da un tremendo raffreddore, decisero contro il volere dei controllori di non indossare casco e guanti come previsto dalla routine, in quanto temevano di non riuscire a liberare le vie aeree dal muco formatosi, durante le brusche accelerazioni.

A Lovell va attribuito un altro encomio: oltre ai continui calcoli di traiettoria svolti dal centro controllo a terra, il pilota del modulo di comando ebbe il duro compito di navigatore, usando un sestante per stimare la posizione della capsula.

E’ la mattina della Vigilia di Natale e Apollo 8 è entrata in orbita lunare, pronta a compiere la prima ricognizione della sua superficie. Anders scattò centinaia di fotografie, utili alla NASA, a studiare i prossimi siti di allunaggio e la morfologia di questo nuovo ambiente. Vennero comunicate le impressioni dell’equipaggio delle condizioni visibili in superficie e alla nona orbita, il Comandante Borman si collegò con la Terra per la seconda diretta, quella più attesa. Venne descritto al mondo intero ciò che gli astronauti stavano sorvolando e per l’occasione venne letto da parte di tutti e tre alcuni versi della creazione contenuti nella Genesi.

Sentimenti ed emozioni che hanno fermato per qualche istante l’intera umanità: tre “ragazzi” così lontani ma tanto vicini a noi!

Dopo 10 orbite e circa 20 ore, la riaccensione del motore del modulo di servizio inserisce la capsula nella traiettoria transterrestre…verso la Terra. L’equipaggio, esausto, può concedersi maggior riposo rispetto l’andata, prima della fase di inserimento in atmosfera.

Sarà un ritorno da record dato che il modulo di comando, staccatosi da quello di servizio, farà registrate velocità e temperature superiori a quelle misurate in precedenza. Il rientro in atmosfera verrà ripreso e fotografato da un KC-135 dell’USAF, quasi come se fosse un “cometa” nel cielo stellato spaziale.

Alle ore 10:51 del 27 dicembre 1968 lo “splashdown”, ultima fase che sancì la conclusione di questa memorabile missione. Ammarati nell’Oceano Pacifico, vennero soccorsi da un elicottero decollato dalla portaerei USS Yorktown.

Per Anders fu la conclusione dei voli spaziali: Apollo 8 rimase l’unica esperienza in tal senso; selezionato nel terzo gruppo di astronauti nel 1963, dopo una carriera da pilota da caccia in aeronautica, venne scelto come pilota dell’equipaggio di riserva di Gemini 11 e ricoprì il ruolo di Capcom (CAPsule COMmunicator) di Gemini 12. Con l’ingresso del programma Apollo, Anders venne incaricato di sviluppare e testare il modulo lunare; i ritardi del suddetto mezzo fecero slittare la missione prevista ad Apollo 9 (test in orbita terrestre), dando ad Apollo 8 un nuovo obiettivo. Con Apollo 11 fu nominato pilota di riserva di Michael Collins e ne assunse il ruolo di Capcom durante quella storica missione. Congedatosi con il grado di Generale Maggiore, sfruttò le proprie conoscenze in ambito fisico (ottenute con un Master) occupando ruoli in Enti istituzionali o in grandi aziende del settore nucleare ed aeronautico.

Il Comandante Borman, pilota da caccia, istruttore, insegnante all’Accademia di West Point e collaudatore presso l’aeronautica militare statunitense a Edwards AFB (California), partecipò alla missione Gemini 7 assieme a Lovell ottenendo il primo record di permanenza spaziale (4 – 18 dicembre 1965). Successivamente ad Apollo 8 non ricoprì alcun ruolo di assistente radio e si ritirò nel 1970 divenendo vice e poi presidente della compagnia aerea Eastern Airlines.

Lovell, veterano della categoria astronauti, effettuò ben 4 missioni spaziali: Gemini 7 – 9 , Apollo 8 – 13; detenne quindi il record di permanenza spaziale. In Apollo 8 dovette sostituire Collins afflitto da un problema fisico e vide sfumare in Apollo 13 la possibilità dimettere piede sulla Luna. Anche per lui, pilota collaudatore della Marina, congedatosi dalla NASA ebbe una carriera di tutto rispetto presso importanti aziende.

Fu un’epoca importante per l’era spaziale: una rincorsa al primato ed al potere politico-tecnologico, che sviluppò e diede vigore ad un’epopea della quale tuttora ne stiamo assaporando i risultati…e le future ambizioni. A ricorrenza del cinquantesimo anniversario di Apollo 8, è possibile consultare al seguente link l’intera missione NASA.

 

Christian Vaccari, pictures courtesy  Nasa